Mi piacerebbe parlarvi dei miei vissuti.

Il mio è stato un percorso molto lungo e doloroso, di cui però vado fiera perché mi ha portato a diventare una persona più forte. E’ molto difficile per me raccontarvi ciò che mi è successo, al tempo stesso i motivi che mi spingono a farlo, mi incoraggiano in questa mia decisione.

Ho subìto, da quando ero molto piccola, abusi sessuali da parte di mio padre biologico.

Essendo iniziati quando ero davvero molto piccola, lui mi convinceva che fossero normali dimostrazioni di affetto ma che comunque dovevamo nascondere tutto a mia madre, come fosse un nostro segreto.

Mi diceva che lei era una persona molto gelosa che non mi amava e non voleva fossi felice. Il sospetto che ci fosse qualcosa di sbagliato aumentava piano piano in me, al tempo stesso provavo una sofferenza sempre più grande ed un senso di colpa crescente nel dover tenere tutto nascosto a mia madre.

Per lui era facile abusare di me perché costringeva la mamma, con grida e botte, a fare la cameriera di giorno e l’assistente agli anziani di notte.

Lui non lavorava inventandosi malattie immaginarie, perciò gli restava tanto tempo a sua disposizione per fare ciò che voleva.

Quando avevo 9 anni, mia madre, completamente ignara di quello che stessi subendo io e stanca di tutte le botte ed i maltrattamenti, decise di chiedere aiuto ad una famiglia di amici che si erano trasferiti al nord. Chiese loro accoglienza in modo da poter trovare lavoro e ricominciare una nuova vita.

Finalmente lontana da lui che mi parlava sempre male della mamma, appesantita da un crescente senso di colpa, iniziai a parlare. Mia madre si rivolse quindi, alla caserma dei carabinieri che ci rinviò ai servizi sociali che determinarono l’avvio della causa. Iniziò da questo un lungo periodo trascorso nel tribunale a xxx, città dove sono nata e dove tutto ha avuto inizio.

Il processo fu avviato nel 2005, avevo 10 anni, la sentenza venne emessa nel 2010. Sono stati anni per me molto difficili da vivere tra varie perizie, testimonianze in tribunale, incontri con assistenti sociali e numerosi test. Avevo 23 anni quando incontrai casualmente uno dei periti cui ero stata sottoposta. Appena mi vide, mi riconobbe e mi disse che era stata così traumatizzata dalla mia vicenda da decidere di cambiare lavoro.

Nei 5 anni trascorsi dall’inizio del processo alla sentenza, abbiamo vissuto l’abbandono sia da parte della famiglia paterna che dai nonni materni. Questi ultimi hanno preferito tener nascosti agli altri famigliari i fatti accaduti, anzi il nonno materno disse addirittura che avrebbe creduto agli abusi da me subiti, solo “leggendo le carte scritte”.

Questo purtroppo non è accaduto perché la sentenza del Tribunale di xxx, nel 2010, decretò che la ricostruzione dei fatti non era attendibile.

Nel 2011, nella speranza di avere giustizia, andammo in appello. Purtroppo ottenni lo stesso responso. Voglio però precisare che i vari periti, la neuropsichiatra e la psicoterapeuta, hanno confermato che avevo subito violenze sessuali e lo hanno anche testimoniato in tribunale, a xxx. I servizi sociali del […], dove risiedo, evidentemente non concordi con le due sentenze di primo grado e di appello, hanno sottoposto i documenti processuali al TRIBUNALE DEI MINORI DI yyy che per direttissima, il 9/02/2012, HA TOLTO LA PATRIA POTESTA’ al mio ex padre. A questo punto mi sembra di aver subito un ulteriore violenza pensando che, dopo 6 anni di processi avvenuti in […], il mio ex padre è stato scagionato, mentre il Tribunale dei Minori di yyy in brevissimo tempo, leggendo le stesse carte, gli ha tolto la patria potestà, sottolineando che sia dalla mia testimonianza che dai miei comportamenti non verbali, si evinceva che i fatti erano realmente accaduti e che era impossibile che fossi stata “ suggestionata da mia madre” argomentazione invece sostenuta dal Tribunale di xxx.

Il mio ulteriore rammarico e timore, era quello di sapere che una persona così pericolosa fosse stata lasciata in libertà e potesse quindi far del male ad altri innocenti. Mi è stato successivamente riferito che il mio ex padre sia stato recluso nel REMS, una struttura che accoglie autori di reati socialmente pericolosi e questo confermerebbe i miei timori più grandi.

Ho deciso di rendere pubblico il mio vissuto, esponendomi in prima persona, a seguito di una telefonata ricevuta da una delle sorelle del mio ex padre, il mese scorso, in cui mi urlava degli insulti tra i quali l’accusa ingiusta di essere una bugiarda. Questo mi ha motivata a rendere pubblica la mia vicenda mettendoci “la faccia“, per incoraggiare le persone che come me subiscono o hanno subito abusi di ogni genere e non hanno la forza di denunciare e parlare. Ci tengo a precisare che non siamo noi a doverci vergognare e nascondere, bensì coloro che ci fanno del male, tutti coloro che li proteggono e ancora di più gli omertosi che fanno finta che tutto vada bene!

Nonostante il cammino sia stato lungo, travagliato e doloroso, URLO:

SOLO DENUNCIANDO POSSIAMO FERMARLI!

Oggi mi sento pienamente realizzata nella mia vita, sia dal punto di vista affettivo che professionale. Desidero che venga divulgata la mia vicenda per essere compagna di strada a più persone possibili per trasmettere la SPERANZA E LA GIOIA.

Ho imparato che le parole debbano essere sostenute dai fatti e per questo credo sia opportuno: confrontarci, sostenerci, incoraggiarci e creare coesione perché L’UNIONE FA LA FORZA!

Tutti insieme, guardando avanti, scopriremo che ci sono e ci saranno sempre … NUOVI ORIZZONTI!!

ILLUSTRAZIONE: Shamsia Hassani