È un po’ che rimando questa cosa di scrivere, perché quando inizi a mettere in ordine i pensieri e li fai diventare parole è come se quello che hai in testa prendesse forma e diventasse vero, e devi iniziare a farci i conti. Da brava distanziante non a caso ho le mie strategie che tutto sommato nel breve termine hanno egregiamente funzionato. Il primo pensiero è stato: se sono sopravvissuta al 6 aprile con annessi e connessi questo sarà un gioco. Niente lavoro e tanto tempo per fare tutto quello che non riuscivo a fare. Dopo un po’ “niente lavoro e tanto tempo” sono diventati i miei peggiori nemici. La sensazione di 11 anni fa, quella di aver perso tutto torna viva con la potenza di un uragano, che ti travolge senza avvisarti. Niente lavoro chissà per quanto, niente famiglia, niente progetti futuri, nessuna prospettiva dai colori tenui e rassicuranti. In un attimo torni al 2009. Mi sono ritrovata a rivestire un unico ruolo, quello di compagna. Pulizie, cucina, lavori in casa. E mi sta stretto. Io sono anche questo e mi piace, ma non sono solo questo, e adesso tutta l’altra me non so dove sia finita. Mi ritrovo in una condizione di immobilità spaventosa. Forse tutti, chi più chi meno, ci ritroviamo a fare i conti con la perdita, di qualunque tipo e forma essa sia. Perché alla fine il covid è una dimensione collettiva e alle volte è consolatorio, ti fa sentire meno solo. Altre volte, nonostante questo, ti fa sentire ancora più solo nella solitudine. Ecco il mio covid: rabbia. Come il passato ci ha insegnato, fortunatamente le cose cambiano e razionalmente credo che forse invece di pensare a tutto questo come ad un fermo, dovrei rileggerlo in termini di “pausa” con l’implicito che poi in qualche modo qualcosa si muova. E sicuramente sarà così, ci vorrà tempo, ma succederà. Anche il non sapere quando e come non è un pensiero di facile gestione, non è contenitivo. L’unica cosa che posso e che possiamo fare è trovare il modo di stare comodi in una cornice che di comodo forse ha poco o forse ha molto, a seconda delle situazioni. Tutto sommato con un po’ di impegno e volontà ci si riesce. Il mio didatta diceva sempre: dovete imparare a stare nell’incertezza. Questa frase mi ha sempre innervosito, adesso invece ci rileggo il miglior consiglio di sempre. Sono L,  sono una Psicologa.

Illustrazione : Giulia Rosa